Nelle nostre chiacchierate periodiche con le "donne del basket" e, nell'ultimo periodo, con le appartenenti al Club delle #300, intese come presenze in Serie A1, abbiamo sempre privilegiato la formula dello "storyteller", lasciando che siano loro a raccontare la loro stessa storia.

Una scelta che si è rivelata un dono per noi e per gli appassionati, perché davvero Chiara Pastore, Chiara Consolini, e Valeria Battisodo, la protagonista della "chiacchierata" di questa puntata del "Club", ci hanno regalato una parte di se.

Prima di lasciarvi alla lettura, gradevolissima, del racconto di Valeria Battisodo (321 presenze in A1, 1558 punti segnati, 2 scudetti e 1 supercoppa in bacheca), ci piace immaginare che il sogno di queste ragazze di diventare campionesse, è passato sempre attraverso una "rivoluzione". E nel centenario della nascita di un "uomo verticale" (come la pallacanestro...) come Nelson Mandela, è bello ricordare la sua frase: "Cominciare una rivoluzione è facile, è il portarla avanti che è molto difficile."

Loro, le donne del basket, l'hanno cominciata e la portano avanti.

Buona lettura!


Club #300 - Valeria Battisodo

320, anzi 321 in serie A?!? Cavolo.., sto diventando vecchia anch'io!

Ora che me lo avete ricordato.., il mio cervello sta già sfogliando le mille immagini in cui rincorro quella palla arancione tra una stagione e l'altra.., e i mille volti che mi hanno accompagnato in questa avventura, tra gioie e dolori...

Tutto iniziò all'età di 17 anni, quando la mia allenatrice all'Olimpia Pesaro, Sabrina Montaccini, dopo un'allenamento venne da me e mi disse: "Maurizio Scanzani ti vuole a Parma per fare il secondo play in serie A1"!

Vi lascio immaginare la mia faccia..., e non aggiungo altro...

E così mi trasferii, lasciando famiglia, amici..., e il mare (!!!), per
iniziare questo viaggio che in quel momento speravo mi potesse far diventare una grande giocatrice professionista, ma che allo stesso tempo mi faceva dire "vabbè non succederà e sarò solo un'utopia..., ma proviamo! In fondo ho letto che se puoi sognarlo puoi farlo"!.

Dentro di me non credevo sarebbe durato davvero, e invece dopo tanti sacrifici, allenamenti, pianti, risate e cazziatoni..., eccomi qua a scrivere di me, a raccontare di come l'ho sognato, e l'ho fatto!

Non è stato facile tuttavia, soprattutto allʼinizio. 

Quando arrivai in questo nuovo ambiente mi sentii catapultata letteralmente in un altro pianeta. 

Arrivavo dalla serie B regionale, quindi il salto diciamo che fu
triplo mortale carpiato e rovesciato, tanto per rendere lʼidea!

Ero frastornata, ma allo stesso tempo molto curiosa di scoprire le mie capacità di adattamento all'esperienza che stavo vivendo!

Vivevo in casa con 4 ragazze più giovani di me, e una signora russa che cucinava per noi (non dimenticherò mai le fettine di carne fredde, asciutte, dure come suole di scarpe..., che dovevo mangiare alle dieci di sera dopo quelle 6/7 ore di allenamento!). 
Ma piano piano mi abituai a questa vita. Volevo diventare una giocatrice, e questa e dovevo pur sopportare la fatica, fisica e mentale.

La squadra di quel primo anno a Parma non la dimenticherò mai. 

Ero circondata da VERE professioniste, pronte ad aiutarmi, ma anche a
sgridarmi a dovere ogni volta che il mio istinto mi "malconsigliava" di schiantarmi in penetrazione 1 contro 5.  "Sei ancora in serie B", mi urlavano!

A parte gli scherzi..., molte volte penso che se non avessi avuto certe compagne di squadra non sarei mai migliorata tanto in fretta come in quellʼanno. 

Ricordo ancora, durante una partitella in allenamento, passai la palla a Eva Nemcova, e la giocatrice che difendeva su di lei in quel momento quasi la intercettò perché il mio passaggio era basso, molle e fuori tempo. Così Eva mentre, a fatica, riuscì a prendere quel pallone, mi guardò malissimo urlandomi nel suo italiano dell'Est Europa: "Ma cazzo, non vedere mia difesa tu??? Metti gli occhiali"! 

Vi giuro che dopo quella volta sono andata a farmi una visita oculistica.., e misi le lenti a contatto!

Ecco quella frase mi fece capire che la pallacanestro era si un gioco, che però si faceva sul serio...

E poi la prima partita in serie A... Che emozione! 

Lʼincoscienza della gioventù mi portò anche a segnare il mio primo canestro. 

Direi che quella prima stagione in cui inaspettatamente giocai tanto, anche in Fiba Cup, fu bellissima e piena di soddisfazioni, tra le quali la convocazione in Nazionale A del C.T. Gianni Lambruschi.

Rimasi a Parma altri due anni, che furono purtroppo molto sfortunati per me in quanto segnati da due infortuni ai piedi. Fu un momento difficilissimo che mise un piccolo freno al mio sogno. 

Dopo queste tre stagioni a Parma arrivò il momento di cambiare aria... E mi trasferii alla neopromossa Umbertide allenata da Lollo Serventi, colui che ha creduto in me nel momento più difficile della mia carriera dopo quei due anni di stop; per questo gli sarò grata per sempre.

Era lʼanno giusto per rimettermi in gioco e per avere spazio.., e così fu! 

Lʼ obiettivo era salvarci, e riuscimmo nellʼimpresa con una squadra giovane e divertente.

L'anno dopo mi chiamò il Club Atletico Faenza di Paolo Rossi, e accettai inconsapevole di quello cui sarei andata incontro: "1 contro 1" a tutto campo con Adriana, play maker brasiliana più veloce di uno scooter!!! 
Fu lʼanno in cui capii cosa volesse dire andare più veloce. 
Ho ancora gli incubi!

Dopo queste due parentesi ritornai nella "patria del prosciutto" per restarci 4 anni! 

Furono stagioni spettacolari e divertenti in cui mi misi in gioco davvero, in quanto fui responsabilizzata al massimo; credo furono gli anni che mi fecero avvicinare di più a quello che deve essere un playmaker. 

Tutto questo grazie al coach Mauro Procaccini, fantastico sotto il profilo umano e, per me, un bravissimo allenatore. Lo ringrazierò sempre per aver creduto in me e per avermi portato a fare quel salto da "giocatrice ragazzina" a "giocatrice seria", che si deve assumere le responsabilità nei momenti che contano. 

Ha lavorato per migliorare il mio tiro e le letture sui pickʼnʼroll.., per non parlare delle ore in estate spese ad insegnarmi a palleggiare al famoso campetto di Pesaro del "Cristo re", in cambio di un vassoio di bomboloni!

Dopo questi 4 anni che a me piace chiamare di "maturazione", approdai a
Schio. 

Lì vinsi la Supercoppa Italiana e il mio primo scudetto, ma giocai molto poco.

Lʼanno seguente partii, con mille indecisioni, alla volta di Lucca e alla corte di Mirco Diamanti. E invece fu la decisione più giusta della mia carriera. 
Non solo per come finì la stagione, ma per altri mille motivi che non sto qui a raccontarvi..., altrimenti non finiamo più!

Che dire?! Un anno stupendo sotto tutti i punti di vista. Un gruppo vero, una squadra vera. In più amicizie vere, che nellʼambiente professionistico sono difficili da incontrare). 

10 persone talmente unite da apparire una pesrona sola, ma fortissima!!! Questa "affinità elettiva, tecnica e di obiettivi" si traduceva in una forza straordinaria in campo, con una voglia di AIUTARSI e stare insieme
fuori che mi ha stregata dal primo giorno in cui sono arrivata in questa città. 
E infatti si vinse lo scudetto in finale contro Schio! 

Per me vale come averne vinti 20, anzi, niente vale come quello scudetto che ancora abbiamo cucito sulle divise, per come è stato vinto e per le persone con cui è stato vinto.

Non lo dimenticherò MAI. Ed auguro ad ogni atleta di avere la fortuna che ho avuto io di vivere quellʼemozione! 
Ancora oggi io non riesco a descriverla come meriterebbe.

Quel pianto di gioia a zero secondi dalla sirena di gara 4, e altri 9 paia di occhi arrossati come i tuoi dalle lacrime che ti guardano per dire..., "ce l'abbiamo fatta"!!!

È proprio vero, questa vita toglie tanto..., ma ti ridà tutto con gli interessi!!!!
E un grazie grande va ai miei genitori..., che quel giorno mi hanno permesso di provarci a rincorrere il sogno!

E a proposito di sogni, ecco la "raffica" finale.

Sogno nel cassetto: giocare lʼEurolega, e partecipare agli europei con la Nazionale.
Momento più bello: la festa Scudetto 2016/2017 a Lucca.
Momento più brutto: infortuni ai piedi; mancata convocazione in Nazionale per gli Europei del 2013 da parte di Roberto Ricchini, dopo la stagione molto positiva con la maglia di Parma.
Nomi importanti: Maurizio Scanzani è stato il primo a credere in me e a ad assumersi il rischio di mettermi subito in campo a 17 anni. Mi ha insegnato i fondamentali della pallacanestro come pochi ora sanno fare, nonché lʼetica del lavoro, che "paga sempre", come mi ripeteva sempre. Poi Francesca Zara, con cui ho giocato 2 anni, e che con la sua classe spaventosa mi ha insegnato tanto; anche solo starla a guardare per ore nel tentativo di imitarla è stato più utile che fare 10 ore di allenamento consecutive. La ringrazio perché inconsapevolmente ha fatto in modo che credessi in me stessa, con semplici (ma efficaci) parole, con i gesti e con i suoi consigli.


Valeria Battisodo

 

Area Comunicazione LBF

LBF PARTNERS