Nel parterre del PalaMariotti, Cecilia Zandalasini ha chiuso l’intervista a SkySport fissando lo sguardo nel vuoto: “Quello che è successo nel 2017 ce lo portiamo dentro, non c’è partita durante la quale io non ci pensi. Siamo in credito con la buona sorte, vorrà dire che al prossimo Europeo ci riprenderemo quello che ci è stato tolto”.
Il riferimento, piuttosto esplicito, è all’antisportivo che all’ultimo Europeo, contro la Lettonia, decretò la nostra eliminazione dal Mondiale. Cecilia con le mani sui fianchi e lo sguardo basso, gli occhi gonfi di lacrime. Un’immagine fortissima, un pugno alla bocca dello stomaco di chi ha a cuore la Nazionale Femminile, ma che purtroppo costituisce un terribile deja-vu. 
Le lacrime di Cecilia a Praga sono quelle versate dalla diciannovenne Giorgia Sottana nel 2007. L’Italia ospitava l’Europeo, al quale non riusciva a qualificarsi da otto anni. A una vittoria dai quarti di finale, le Azzurre inciamparono nella Bielorussia, fino a quel momento entità irrilevante dell’universo femminile e da quella sera al vertice del basket mondiale.
Le lacrime di Cecilia sono quelle versate da Chicca Macchi nel 2009 a Riga, mentre la Grecia ballava il sirtaki in campo e il pubblico lettone lo ballava sulle tribune. Era la finale per il quinto posto che qualificava al Mondiale 2010 e non ci bastò il +10 a 7’ dalla fine perché poi Maltsi scatenò la tempesta perfetta. In quell’Europeo avevamo superato Bielorussia, Lituania e la Lettonia padrona di casa dopo un overtime. Ci illudemmo di essere destinati al Mondiale. Ci ritrovammo a maledire il sirtaki. Imprinting ancora ingestibile, a distanza di anni.
Le lacrime di Cecilia sono quelle versate da Francesca Dotto al termine del quarto di finale con la Serbia, Europeo 2013, sulla sirena di una partita dominata per 39 minuti e 29 secondi: +5 e palla in mano ci condannarono 2 palle perse, la semifinale andò in fumo insieme al Mondiale. Nelle prime 4 di un Europeo, per inciso, non entravamo e non entriamo dal 1995.
Le lacrime di Cecilia sono quelle versate da Giorgia Sottana nel 2015. In Transilvania, la Nazionale ci rimase appena 4 giorni, il tempo di perdere 3 partite. La prima, con la Bielorussia, nonostante il +2 a 6” dalla fine. Dopo il tiro della disperazione bielorussa sputato dal ferro, Liktharovich mise il tap-in a fil di sirena. Seguì il supplementare, perso, e il precoce ritorno a casa.
Due anni fa la storia sembrava cambiata. Niente lacrime, si era detto. Poi però l’infortunio di Chicca Macchi e le 3 sconfitte, due delle quali di 1 punto, fino all’antisportivo di Cecilia. 
Pochi mesi dopo, il nuovo corso targato Marco Crespi è partito con la pesante sconfitta accusata con la Croazia ma proprio nel momento in cui si correva il rischio di cedere, la Nazionale si è compattata ritrovando linfa, energia, fantasia. Voglia. Vincendo con autorevolezza in Svezia e poi in Croazia, prima di assicurarsi la qualificazione a La Spezia. Squadra in crescita, con un'identità solida pure se i giorni a disposizione per preparare le partite erano pochi. 
A oggi negli occhi abbiamo solo le ultime cinque partite. Tutte Vinte, spesso dominate dalla palla a due. Delusioni, lacrime e antisportivi sono un ricordo sbiadito. L’Italia s’è desta e non vede l’ora che arrivi il 27 giugno 2019.


Ufficio Stampa Fip

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