Appunti dal campo, attraverso un numero, una statistica insieme alle parole di chi è
protagonista, per provare ad arrivare ad un pensiero tecnico.

Giulia Natali. 6 su 6 da 2. Giocando con la sua Vigarano contro la bella Broni al secondo posto. Neanche un errore, e soprattutto attaccando ad ogni tocco.

Diritto (“anzi Economia e Diritto dello Sport, per essere precisi”). Questa la materia della prima ora per Giulia al Liceo Scientifico-Sportivo (stessa classe di Caterina Gilli, stessa scuola di Silvia Nativi , “lei fa anche latino”. Tre medaglie d’oro di Kaunas). Tutto è preciso nel week-end di Giulia. Sabato pomeriggio, prima studiare un po’ (e il suo po’ non è poco), poi un giro a Ferrara, punto di ritrovo “La Romana”, più di una gelateria con appuntamento fisso con stracciatella e cremino. Poi la domenica mattina allenamento, pranzo e riposo in casa con i mei, e poi la partita. Tutto scandito. Tutto sembra routine. Sembra. Solo sembra.

“Mi è sempre piaciuto allenarmi”. Giulia inizia cosi a rispondere se le parli della sua concentrazione in allenamento, concentrazione naturale, che ti contagia, che contagia tutte. “Arrivo all’allenamento, scherzo. Si ride. Poi inizia l’allenamento e lascio fuori tutto. Rimane solo il campo, il pallone, il gioco. E poi finito si torna a parlare e ridere”. Semplice. Sembra semplice saper trasformare questa passione in determinazione concentrata. Sembra. E forse lo è, se senti il piacere dell’ambizione. Che non è una brutta parola, è sinonimo di sogno.

Estate 2018. Convocazione con la Nazionale A. Quinto posto ai Mondiali U17. Ora agli Europei U16. Primo cambio in A1 con Vigarano. Che estate. Da ritagliare. Da ricordare. Da proteggere, per farlo rimanere ogni giorno qualcosa di eccezionale. Mai scontato “Una soddisfazione speciale. E il più bello è sentire che se hai fatto bene, vuol dire che potrai fare meglio. Che posso essere ambiziosa”. E qui non sembrano nemmeno parole scontate, immagine di energia, non di frasi fatte.

Luka Doncic. “I suoi fondamentali, il suo tiro, il suo step back, il suo stare in campo sapendo sempre cosa fare. Il suo modo di essere che -mi sembra- non si fa condizionare da niente”. E nel cassetto dove tiene le maglie, la sua prima del mini-basket, già con il nove, il suo numero dal primo giorno. Quelle con scritto Italia e a quelle delle altre nazioni (“perchè l’ultimo giorno della manifestazione si fanno gli scambi”), a quella di Kobe Bryant, “che ormai mi è piccola”. Tutte ovviamente piegate per bene. E in ordine. Spontaneamente come quando, dopo averle descritto i tempi del suo passaggio dopo non aver chiuso una penetrazione (“Troppo per difendersi e non per attaccare”), mi risponde - dopo un momento di silenzio - “Capito. Ci lavorerò.” Sembrano solo parole cortesi. Ma non lo sono. E’ un appunto per essere ambiziosa in modo silenzioso, e con il sorriso dentro.

 

Marco Crespi

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