28, 13, 28, 22, 25 i punti segnati nelle cinque partite con la maglia di Ponzano. 8, 3, 10,15, 9 i rimbalzi. Subendo 31 falli, tirando da 3 con il 34% con più di 6 tentativi a partita.
Cosi Alex Ciabattoni. Numeri dentro un record di 4 vittorie e una sconfitta, cioè record di 4-1 provenendo da uno di 4-14. Impatto.


“I miei nonni”.
Tutti i nonni, quelli materni e quelli paterni, vengono dall’Italia. Da Ancona e da Napoli. “Loro se sono sono andati chi da bimbo, chi da ragazzina. Sono nati in Italia. Mi ha fatto pensare quando sono venuta a Venezia per giocare”. Per giocare da professionista. Compiendo la strada in senso inverso. I cicli della vita. 

“Bene, ma non benissimo”. 
Quando chiedo ad Alex una espressione che in questi mesi di Italia ha imparato a ripetere più di altre. Un’espressione che sente sia un po’ fotografia, la risposta è “Bene, ma non benissimo”. Capacità di intuire, cercando un’immagine che è di serenità, aggiungendo -subito- un Ma. Per mettersi e mettere un dubbio. Fermare una spinta. Per pigrizia a volte. Per non farlo diventare un obbligo verso l’esigenza. “Bene. Punto” piacerebbe a tutti ascoltarlo, senza pensare di poter essere i primi a dirlo. E sarebbe tendenza contagiosa. 

“Camminare per Venezia”.
Venezia. La sua bellezza. Il camminarci. Senza avere una meta. Senza passare solo per i luoghi che tutto il mondo viene ad ammirare. “Mi piace passeggiare per le calli. Salire su e giù dai ponti. Sentire nel silenzio il rumore dei passi”. Camminare e pensare serve, quando i giorni sono quelli che ti mettono i dubbi. Quando hai bisogno dei guardare oltre ad un rettangolo di gioco. Per poi tornarci con rinnovata energia.

“Il Pallone, i sogni e la solitudine”. 
A sei anni il primo pallone in mano. A scuola. Poi fuori dalla scuola. Poi un Club. Poi un college. Poi un college con più qualità. Poi Australia da pro. Un poi in prima divisione, un po’ in seconda. Sempre con quel pallone in mano. Sempre sognando di salire. Di crescere, di sentirsi più importante. Poi l’Italia, tante aspettative. Poi un momento di soli allenamenti. Mai la maglia per andare in campo. Per giocare la partita. “E’ stato difficile. Training e basta. Non vedevo nulla. Mi ha aiutato parlare - a distanza- con la mia famiglia”. Poi la possibilità di Ponzano. DI nuovo con la palla in mano nella partita. “Finalmente sento che arriva il giorno della partita”. Quell’attesa la respiri. E te ne accorgi soprattutto quando non c’è.

“Rachael Sporn”.
Una giocatrice australiana. Si è ritirata ormai. “Mi piaceva guardare la sua energia. Il suo desiderio ad essere attiva. Con la palla e senza palla”.
Alex non sceglie un modello per talento. Sceglie un modello vicino alla sua proiezione. Un modello che vedi come meta raggiungibile. Come compagna potenziale in ogni allenamento. Realismo, che aiuta anche quando cammini dentro la nebbia, mischiata ai tuoi dubbi. 

 

Marco Crespi

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