Ultime due partite con 9 tiri da 3. 5 su 9 nella vittoria di Vigarano. 2 su 9 nella sconfitta contro la capolista Venezia. Quarta stagione per Tay con più tentativi da 3 che da 2. Un numero che fotografa la sua partita.

Tayara e spiccare il volo.
Il suo nome significa spiccare il volo, forse aereo, forse qualche cosa che collega a questa immagine. “Ho spiccato il volo a 3 anni, quando -insieme a mia sorella Naj- siamo arrivati in Italia dal Brasile. Insieme a Paolo e Raffaella, i nostri genitori del cuore. Poi a 16 anni, quando mi hanno dato la possibilità di andare a Udine per provare a diventare una giocatrice. Adesso a 28 anni per me spiccare il volo significa riuscire ad aiutare gli altri. Vederli felici”
Taj ha la sua corazza, gliela ha costruita la vita e sa che che se non riesci ad aiutare te stessa non puoi riuscire a farlo con gli altri. “Se non fossi capace di sorridere, non potrei sperare di cercare il sorriso degli altri”.

Campi e paesaggio.
Insieme alla musica, camminando. “Alla ricerca di me stessa. A volte ho bisogno di stare da sola. Per trovare energia”. Guardando il paesaggio, immaginando di essere dentro il “Cammino di Santiago” di Paulo Coelho. Un’esperienza da fare, già segnata sull’agenda della vita. 
Energia. Una parola che Tay mi ripete spesso. Sentendo di averla. Sentendo di volerne trovare ancora. Sentendo di averne sempre bisogno. Sentendo che per trasmetterla (e magari anche riceverla di ritorno) la devi proteggere.

Campetto e A1.
Campetto del parco di Legnano. Non l’unico dove Tay va l’estate a giocare. Sfidandosi con chi capita. Con l’idea di prepararsi per il prossimo campionato. Con il piacere di giocare 1c1 con sua sorella. Sentendo di divertirsi. Dicendosi “che mi posso permettere di non pensare più di tanto”. Ma senza pensare non potresti ascoltare il tuo piacere. Come quella di essere tornata a giocare in A1, dopo quell’esperienza che ti è rimasta dentro. “Ero arrivata a La Spezia, sentendo che era il momento giusto per giocare in A1. Poi, e non sul campo, è svanita quell’occasione. Ero in difficoltà, i miei genitori mi hanno aiutato.Mi sono aiutata. Volevo tornarci”. E’ più difficile giocarci. “In A2 hai sempre tempo, nell’arco di una partita, di rifarti. In A1ogni cosa che sbagli (passaggio, palleggio o tiro) è un’occasione persa e di conseguenza migliori perché non vuoi perderle”. Ecco, l’esigenza del campo. 

Dentro una squadra.
“Quando sono sul campo mi sento libera. Quando sento che tutto funziona”. E sa trovare la spiegazione alla parola funzionare per non lasciarla lì solo come un bella parola. “Funzionare è vivere il campo tutte nello stesso modo”. Non è solo questione di armonia. “Non mi piace ascoltare il non entusiasmo, il borbottare lamentoso. Sentire routine in quello che facciamo ogni giorno”.
Non far vincere ogni tanto l’abitudine pigra. Una (futura) psicologa dello sport non può farlo.

 

Marco Crespi

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