Da più di due anni e mezzo si trova dall’altra parte dell’Atlantico: Lucia Decortes, bergamasca, classe 1999, ex rossonera, cresciuta nelle giovanili dell’Asd Sportivando Lussana e poi, dal 2012, a Sesto, è stata una delle giocatrici del gruppo Geas che nel 2018 ha conquistato l’ultima promozione dalla serie cadetta alla A2. Approdata oltreoceano nell’estate 2018 per frequentare i corsi di psicologia dell’Università di Albany, capitale dello Stato di New York, oltre che per giocare nella squadra collegiale, Lucia ora, nello stesso ateneo, sta studiando Business, con specializzazione in Marketing e Management. Per quanto riguarda la pallacanestro, Decortes gioca appunto con la maglia di UAlbany, in Division 1 di Ncaa nella America East Conference.
L’abbiamo intervistata per sapere come procede la sua vita negli States in questo periodo così particolare e delicato a livello globale.
– Il tuo gioco è evoluto da quando sei arrivata? Come funziona il sistema degli allenamenti oltreoceano? Cosa c’è di sicuramente diverso rispetto allo sport in Italia?
Gli allenamenti sono diversi a seconda che ci si trovi nel periodo della stagione, oppure nella pre-season o nella post-season. Quando c’è il campionato solitamente facciamo due ore di allenamento di basket ogni giorno, dal lunedì al venerdì, e per tre volte a settimana facciamo un’ora di seduta di pesi. Invece prima e dopo la stagione di gioco sono previste otto ore totali di allenamento a settimana, quindi quattro ore di pallacanestro e quattro ore di pesi, oltre agli allenamenti volontari, durante i quali ci si può concentrare su diversi aspetti in cui si è più carenti.
Lo sport qui è molto diverso rispetto all’Italia: viene valorizzato molto e nell’ambiente scolastico i professori capiscono il tuo impegno sportivo e provano sempre a venire incontro alle tue esigenze. Ricordo invece quando ero una liceale a casa quanto fosse difficile gestire in parallelo lo sport e la scuola.
– Come è stato vivere ad Albany in quest’anno così particolare? La pandemia ha influito sullo sport e sull’università?
La pandemia ha sicuramente inciso sulle normali attività dell’università: le nostre lezioni sono state on-line per tutto l’anno e anche a livello sportivo abbiamo avuto tante pause. Ci sono state settimane in cui non abbiamo potuto allenarci, seguite da due giorni di ripresa prima di un ulteriore stop: tutto questo non ha di certo aiutato la nostra crescita generale ma siamo comunque riuscite a resistere e anche se molte squadre hanno, lungo lo svolgersi della stagione, rinunciato al campionato noi abbiamo continuato a giocare e siamo riuscite ad arrivare alle semifinali. È stato un buon risultato, considerando tutte le interruzioni e tutti gli ostacoli che abbiamo dovuto affrontare.
– Come procede invece l’attività accademica?
Procede abbastanza bene. Ora sto preparando e facendo gli ultimi esami di quest’anno e ad agosto inizierà il mio ultimo anno, l’anno da senior, con altri due semestri di corsi ed esami prima della laurea di maggio 2022.
– Progetti a breve, medio e lungo termine, a livello sportivo ma non solo?
In realtà non ho alcun progetto a breve termine. Tornerò a casa il 1° giugno, prima di cominciare l’anno da senior. Ho ancora un anno di università davanti e i miei progetti si attengono a questo; l’anno prossimo inizierò a pensare e a valutare possibili scelte per il mio futuro.
– Cosa dà di particolare la formazione sportiva (e cestistica in particolare) avvenuta in Italia? Ci si concentra su qualcosa di specifico che altrove invece viene lasciato indietro?
Il basket qui viene giocato con molta più fisicità: essere veloci, saltare, essere forti e resistenti; mentre in Italia si dà importanza a un aspetto altrettanto fondamentale quale avere una buona visione di gioco. Negli anni di gioco italiani ho imparato soprattutto questo aspetto e altri affini, e li ho portati qui con me negli Stati Uniti.

LBF PARTNERS