Appunti dal campo, attraverso un numero, una statistica insieme alle parole di chi è protagonista, per provare ad arrivare ad un pensiero tecnico.

18 punti. 6 su 9 da 2. 0 su 2 da 3, 6 su 7 nei tiri liberi da 5 falli subiti. Questo il tabellino di Stefania Trimboli nella vittoria della sua Battipaglia a Torino.

Le gemelle Dotto. Caterina e Francesca, semplicemente in ordine alfabetico. Non una o l’altra. Entrambe, sono il modello di Stefania. “Finali Nazionali giovanili a Udine, San Martino arrivò in finale. Giocavano con una energia che mi colpì, che divenne il mio riferimento da allora. Francesca si infortunò in semifinale. Punti di sutura. Il giorno dopo in campo, senza neanche un dubbio. Un esempio da conservare.”

Capitana. Capitana di Battipaglia. Capitana di dove ha scelto di giocare e vivere. Capitana di una squadra che è come una famiglia. Capitana al Sud “dove ho trovato più apertura umana, più sorrisi”. Capitana(ta) da Alessio che la fa sorridere anche dopo due sconfitte consecutive di 1 punto. “Dopo una partita importante persa sono intrattabile, nervosa quando mi sveglio, nevrotica tutta la giornata, e lui riesce a darmi il sorriso”. Capitana, sentendosi davvero appartenente. Extra-motivazione, non da mostrare, ma da usare in campo.

“Fallo perché lo puoi fare”. È il pensiero che Stefania sceglie per spiegare il rapporto con il suo allenatore quest’anno. Poterlo fare. Provandoci. Senza esitare. Sentendosi finalmente bene dopo aver perso quasi due anni per l’infortunio, “Quest’estate ho lavorato sul mio corpo, alimentazione e lavoro atletico, ogni giorno, senza muovermi da Battipaglia”. Sentire fiducia, sentire il corpo trasmettere (ritrovate) sensazioni di benessere. Combinazione per stare in campo e sentire di poter “Vincere con la mente”, come il titolo del libro che sta leggendo.

932 km per diventare grande. Distano quasi mille chilometri Trieste e Battipaglia. Lontane. Ma vicini, ancora più vicini sono diventati papà e mamma. “Appena finisce la partita la prima telefonata è con loro. Sempre, più bello quando c’è da festeggiare una vittoria.” Tono scherzoso. Ironia sottile come dopo la partita di Torino, quando si lamentava con loro per averle dato una mano quadra, riferimento al non aver segnato da 3 punti. E suo padre (allenatore di basket, ogni stagione a Trieste anche suo allenatore) non è più Massimo ma è tornato ad essere papà. Non solo di nome.
E poi sentire la sua gemella Virginia, prima musicista e, adesso, non più Conservatorio, ma Accademia militare a Modena. “Una vita diversa dalla mia. E ci raccontiamo ogni dettaglio in una video chiamata settimanale. La sua agenda settimanale non ne permette più di una”.

Semplicemente, non in modo ordinario. Un esempio (anzi due) da seguire. Appartenenza da capitana nella tua nuova città. Aver trovato una persona che ogni giorno si occupa di te, e tu glielo permetti. Il condividere con la tua famiglia nervosismi e sorrisi. Sorpassa l’ordinario, semplicemente ti aiuta a sentirti bene sul campo. E a voler crescere. “Fino a dove non lo so, ma so che voglio farlo”.

 

Marco Crespi

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