Nata a Napoli il 4 agosto (l'anno non si dice...), come Barack Obama, città da cui è partita dopo una esperienza nella vicina Pozzuoli (2002-2005) per girare ed attraversare l'Italia (Faenza, La Spezia, Livorno, Schio, di nuovo Faenza, Chieti e Napoli), 1 scudetto (con Schio), 3 Coppe Italia di A1 (1 con Faenza, 2 con Schio) e 1 di A2 (Napoli) e una medaglia d'oro con l'Italia ai Giochi del Mediterraneo del 2009, domenica scorsa nella trasferta di Ragusa ha toccato le 300 presenze in serie A1, entrando di diritto nel Club #300 di cui fanno parte, tra le giocatrici in attività, Sottana (#352), Bagnara (#341), Battisodo (#319) e Consolini (#306).

Una classifica che vede in testa Masciadri (#641), quindi, sempre tra le atlete in attività, Macchi (#593) e Gianolla (#457).

Wow - dice Chiara Pastore leggendo i numeri di chi la precede - 600 partite in serie A sono davvero tanta roba! Ma pure le mie 300 dai, considerando le cicatrici che mi porto addosso.

E qui iniziano i ricordi di Chiara, bravissima ad emozionare con le parole come con il pallone in mano, dispensando assist, in questo caso, a chi avrà la pazienza di leggerla.

Club #300. Oggi parliamo con Chiara Pastore.
300 presenze? Me le sento tutte nelle articolazioni! In realtà sarebbero potute essere molte di più ma, come hai detto tu, la mia carriera ha subito lunghi e duri stop a causa di brutti infortuni che l'hanno messa a dura prova.

Questi anni sono stati pieni di luci e ombre, cadute e rinascite: non è stata mai facile, non mi è stato mai regalato nulla. 

A 18 anni ho lasciato il mio amato sud, la mia famiglia, Pozzuoli (squadra che mi ha fatto raggiungere la prima convocazione in nazionale senior) alla volta di Faenza. Il primo anno in A1 è stato un sogno: EuroCup, premi, tanti minuti in campo (a Giampiero Ticchi piaceva moltissimo la mia incoscienza (ok, faccia da culo rende meglio!), finali scudetto. Insomma non potevo pretendere esordio migliore. 

Il secondo anno invece mi ha messo a dura prova: meno spazio in campo, iniziano i primi problemi fisici e a Faenza ritorna Paolo Rossi che aveva deciso che il modo migliore per farmi diventare una giocatrice "con le palle" fosse quello di "massacrarmi". Lo ringrazio ancora per questo.
Sfiduciata e ammaccata arrivo a La Spezia: qui la rinascita. Squadra giovane, ricordo ancora il titolo su Superbasket "Azzardi in regia" (e io che pensavo che Azzardi fosse l'altro play), tanta spensieratezza, tanta energia, vittorie importanti e un allenatore che mi fatto amare il basket in ogni sua sfaccettatura: Giovanni Papini. 

L'anno super di Spezia ha fatto sí che mi arrivasse la chiamata di Schio. Il primo anno è stato difficile perché ero abituata a giocare tanto e a prendermi tanti tiri, ma a Schio se fai il playmaker e non metti in ritmo i fenomeni che hai di fianco e non difendi (e io prima di allora non avevo mai preso uno sfondamento) non duri tanto e io lí ci sono durata 4 anni, interrotti ahimè da un brutto infortunio alla spalla, nel momento migliore delle mia carriera.

Di nuovo buio, poi luce: dopo tanti anni ritorno a casa mia, nella mia Napoli, ritrovo la mia famiglia, ritrovo Sandro Orlando, ritrovo fiducia, la nazionale e cosa più importante l'amore e la gioia di giocare. 

Ma dato che non mi piace vincere facile ho pensato bene di spaccarmi un piede nel modo peggiore possibile. Da lí ho ricominciato nuovamente... Ed eccomi qui (tiè! Per quelli che non ci credevano).


Momento più bello: La vittoria nella mia Napoli contro Schio.

Momento più brutto: Il ritorno al campo dopo l'ultimo infortunio al piede. Per la prima volta ho sentito che volevo cambiare strada: ero stanca di farmi male, stanca di cadere, stanca di ricominciare. Sentivo un accanimento su di me.

Rimpianti: Alcune scelte cestistiche sono state condizionate da legami affettivi. E sicuramente ho pagato per questo.

Sogno nel cassetto: Vincere lo scudetto a Napoli.

Sogno: Fare le olimpiadi (non ho ancora trovato la specialità adatta a me).

Presente. A Napoli, sento di aver perso 2 stagioni importanti tra infortunio e recupero e voglio recuperarle.

Futuro. Mi piacerebbe restare nel mondo dello sport. Ho diverse opzioni da valutare.

Nomi per me importanti:
- FULVIO PALUMBO: a 16 anni mi ha fatto giocare titolare in serie A2 (per la gioia delle veterane )
- GIOVANNI PAPINI: il mio angelo in cielo; mi ha insegnato che tutto parte dall'allenamento. Ogni volta che finivo un individuale con lui ero felice.
- GABRIELE D'ANNUNZIO: ha puntato su di me quando tutti pensavano che fossi una giocatrice finita.
- STEFANO MICELI: il mio fisioterapista di fiducia. Mi ha messo in sesto la spalla nel momento peggiore ma soprattutto mi supporta,mi SOPPORTA e mi sistema ogni volta che mi lamento per i miei acciacchi (quindi sempre).

RIVALITÀ: Gli anni della lotta per lo scudetto tra Taranto e schio restano ad oggi gli anni più belli e competitivi. 3 volte su 4 lo scudetto si è deciso a gara 5. Fantastici.

GIOCATRICE MODELLO: BETTA MORO.
La capitana che vorrei sempre avere. Una leader nel vero senso della parola. Era raro vederla alle cena di squadra (infatti mi sa che ho preso da lei) ma ogni mia compagna dipendeva dalle sue labbra, dal suo carisma, dalla sua energia, dal suo modo di essere, dalla sua intelligenza e saggezza. Non dimenticherò mai le sue parole dopo il periodo iniziale a schio: "È il momento di lasciarti la mano, come la mamma fa con la figlia, ora puoi andare da sola"
L'ammiravo come giocatrice, e l'ammiro tuttora come persona. Unica.


Cosa mi resta? "Il colore del grano...", come direbbe Il Piccolo Principe. Mi resta tanto perchè ho dato tanto. E' nel mio carattere, nel mio dna. In ogni posto dove ho giocato ho lasciato un pezzo di cuore, ho lasciato amicizie che sono diventate quelle di una vita, ho lasciato persone che mi hanno dato tanto soprattutto nei momenti più bui. Sicuramente, essendoci stata più anni, a Schio ho seminato di più, infatti ogni volta che ci ritorno è una gioia per me poter salutare le persone che mi hanno sempre sostenuto, e non sono poche!

 

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